Le nostre interviste. Due chiacchiere con il capitano Lorena Benincasa

Se c’è un fulgido simbolo della nascita, crescita, sviluppo e peculiarità dell’HE, non può che essere il capitano: Lorena Benincasa. Appartiene a quel novero di atlete professioniste di cui percepisci la passione, l’appartenenza, il senso del dovere. Il non confondere fatica e sacrificio. Un esempio, insomma, per chi vuole fare sport, per le ragazze e i ragazzi che sognano di vivere la loro vita dentro un campo di un qualunque sport.

Capitano, ti dico Handball Erice e mi viene da ascoltarti, senza farti alcuna domanda… Ne sai più tu di chiunque altra o altro…

“Mi fai andare indietro nel tempo, almeno con i pensieri. Ho svolto una vita sportiva divisa tra Salerno, Ferrara e Teramo. Vero, era arrivato il momento in cui cercavo anche di pensare a qualcosa che andasse oltre il mio ruolo di atleta. Insomma a qualcosa che potessi fare, non appena avrei smesso di giocare. Era il 2018 e arrivò una telefonata”.

Fammi scommettere, di Norbert Biasizzo…

“Giusto, hai indovinato. Ero a Ferrara, e questo signore che non conoscevo mi ha spiegato un progetto magnifico di pallamano che avrebbe voluto tirar su in Sicilia”.

La tua prima reazione?

“Entusiasmo, ma anche un inevitabile filo di diffidenza”.

Perché?

“Perché in Sicilia erano sempre esistiti progetti di pallamano, ma nessuno che avesse garantito con continuità l’ambizione di vincere, di rimanere al vertice. Intorno a me, le mie amiche e le compagne di squadra erano accomunate da un solo pensiero. E mi dicevano: ‘Stai attenta, questi fra due anni scompaiono e tu che fai?’. Invece, io sono un po’ matta, e mi sono convinta. I fatti mi hanno dato ragione e sono felice di aver preso questa decisione. Negli anni, si è dimostrata la solidità del progetto. Avevo la sensazione che se avessi accettato io, molte giocatrici in Italia avrebbero dato credibilità, anche economica, al progetto dell’HE. Effettivamente, è andata così”.

Prima tappa, Marsala.

“Giocavo a Ferrara in un palazzetto riscaldato, con tutti i confort. A Marsala, mi sono ritrovata ad allenarmi in una squadra di A2 e all’aperto, in un parcheggio. Eppure, non mi sono scoraggiata. Siamo riuscite a qualificarci per i playoff, fallendo la promozione in A1”.

Lorena, ti trema la voce…

“Io non posso non emozionarmi a ripensare a tutto quello che abbiamo fatto. L’Handball Erice nata nell’anno successivo, il Covid, l’A1, le due edizioni di Coppa Italia vinte e le due Supercoppe italiane. Un cammino strepitoso, che mi fa venire le lacrime quando ci ripenso…”.

A 39 anni, allora, sei pronta per passare dall’altra parte della barricata…

“Ma stai scherzando? Capisco che chi ci vede da fuori può considerare questa società come una gabbia di matti. E forse un po’ lo è… Mi guardo, però, in giro, e non vedo in Italia nessuna realtà che sta mettendo in piedi un’organizzazione di pallamano di questo livello. Io non posso smettere così. Vinco lo scudetto con l’HE, e poi smetto. Solo così sentirei di aver chiuso il cerchio. Solo così potrei sentirmi appagata”.

Rispunta una lacrima e ci salutiamo. Ciao, Lorena. Se questo è il prezzo da pagare, sopporteremo anche il tuo addio al campo. Ma non alla pallamano. Avrai, comunque, tanto da dare ancora.

Ufficio Stampa Handball Erice